Detrazioni: le istruzioni dell’Agenzia delle entrate sulle novità fiscali 2025

L’Agenzia delle entrate fornisce istruzioni operative in merito alle novità in tema di detrazioni fiscali introdotte dalla Legge di bilancio 2025, con validità dal 1° gennaio 2025 (Agenzia delle entrate, circolare 29 maggio 2025, n. 6/E).

La circolare fornisce istruzioni operative agli Uffici per garantire l’uniformità di azione riguardo alle novità fiscali contenute nella Legge 30 dicembre 2024, n. 207 (Legge di bilancio 2025). Tali novità riguardano specificamente:

  • i limiti alla fruizione delle detrazioni d’imposta;
  • le detrazioni per la frequenza scolastica;
  • le detrazioni per il mantenimento dei cani guida.

In particolare, la Legge di bilancio 2025 introduce l’articolo 16-ter nel TUIR, rubricato “Riordino delle detrazioni“, il quale stabilisce, a partire dal 1° gennaio 2025, alcuni limiti per la fruizione delle detrazioni dall’imposta sui redditi per i soggetti con reddito complessivo superiore a 75.000 euro. Il meccanismo di calcolo si basa su due parametri:
– il reddito complessivo del contribuente;

– il numero di figli fiscalmente a carico.

 

La norma prevede una riduzione progressiva dell’ammontare massimo degli oneri e delle spese detraibili all’aumentare del reddito, pur mantenendo una maggiore tutela per le famiglie numerose o con figli con disabilità certificata.
Per i soggetti con reddito complessivo superiore a 75.000 euro, gli oneri e le spese che danno diritto a una detrazione dall’imposta lorda, considerati complessivamente, sono ammessi in detrazione fino a un determinato ammontare. Questo ammontare massimo viene calcolato moltiplicando un importo base (determinato in base al reddito complessivo) per un coefficiente (crescente in relazione al numero di figli fiscalmente a carico).
Nella determinazione dell’importo soggetto a questa limitazione, devono essere comunque rispettate le regole ordinarie delle singole disposizioni agevolative, inclusi limiti specifici e percentuali di detrazione. Sono inclusi gli oneri e le spese sostenuti nell’interesse dei familiari di cui all’articolo 12 del TUIR.

 

A partire dal 1° gennaio 2025, i familiari cui si fa riferimento nell’articolo 12 includono il coniuge non legalmente separato, i figli (anche nati fuori dal matrimonio riconosciuti, adottivi, affiliati o affidati, e conviventi del coniuge deceduto) e gli ascendenti conviventi. Anche i figli per i quali non spetta la detrazione sono considerati fiscalmente a carico per queste disposizioni.
L’importo base di cui all’articolo 16-ter, comma 2, del TUIR è:

  • 14.000 euro, se il reddito complessivo è superiore a 75.000 euro ma non superiore a 100.000 euro;
  • 8.000 euro, se il reddito complessivo è superiore a 100.000 euro.

Il coefficiente da applicare all’importo base, secondo l’articolo 16-ter, comma 3, è:
– 0,50 se non ci sono figli fiscalmente a carico;
– 0,70 se c’è un figlio fiscalmente a carico;

– 0,85 se ci sono due figli fiscalmente a carico;

– 1 se ci sono più di due figli fiscalmente a carico o almeno un figlio fiscalmente a carico con disabilità certificata ai sensi della Legge n. 104/1992. Nel computo del numero dei figli si considerano quelli fiscalmente a carico nell’anno di sostenimento delle spese, anche se solo per una parte dell’anno (es. nascita). Si includono anche i figli conviventi del coniuge deceduto che siano fiscalmente a carico.

 

Il contribuente deve quindi quantificare l’importo base in base al suo reddito e applicare il coefficiente relativo al numero di figli a carico per ottenere l’ammontare massimo degli oneri e delle spese su cui calcolare la detrazione.

Se gli oneri e le spese sostenute superano l’ammontare massimo consentito, il contribuente deve scegliere quali spese includere, idealmente dando priorità a quelle che danno diritto a una maggiore detrazione.
Sono escluse dal computo dell’ammontare massimo degli oneri e delle spese (per i contribuenti con reddito > 75.000 euro):

  • le spese sanitarie detraibili ai sensi dell’articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR;
  • le somme investite nelle start-up innovative;
  • le somme investite nelle piccole e medie imprese innovative;
  • le spese che danno diritto a detrazioni forfetarie (in cui la spesa effettiva non è rilevante), come la detrazione per il mantenimento dei cani guida per non vedenti.

Per le spese detraibili in più annualità, solo le rate relative all’anno corrente rilevano per il computo del massimale. Sono comunque esclusi dal computo:
– gli oneri detraibili relativi a prestiti o mutui contratti fino al 31 dicembre 2024 (interessi passivi su mutui agricoli, mutui casa principale per acquisto o costruzione);
– i premi di assicurazione relativi a contratti stipulati fino al 31 dicembre 2024;
– le rate di spese detraibili (es. ristrutturazioni edilizie, articolo 16-bis) sostenute fino al 31 dicembre 202435. Anche le rate di spese sanitarie sono escluse in quanto le spese sanitarie stesse lo sono.

 

Ai fini del calcolo del reddito complessivo per l’applicazione dell’articolo 16-ter, si considera il reddito complessivo al netto del reddito dell’abitazione principale e delle relative pertinenze.

Nella nozione di reddito complessivo rilevante per le agevolazioni fiscali sono inclusi anche redditi soggetti a cedolare secca, imposta sostitutiva (regime forfetario, mance), e quota di agevolazione ACE.

Per chi aderisce al concordato preventivo biennale, per le agevolazioni che dipendono dal reddito, si considera il reddito effettivo e non quello concordato.
Rimane ferma l’applicazione delle limitazioni previste dall’articolo 15, commi 3-bis, 3-ter e 3-quater, del TUIR:
– le detrazioni (di cui all’articolo15) spettano per l’intero importo se il reddito complessivo (al netto del reddito abitazione principale) non eccede 120.000 euro;

– se il reddito complessivo (al netto del reddito abitazione principale) è superiore a 120.000 euro, la detrazione (salvo eccezioni) spetta per la parte corrispondente al rapporto tra (240.000 euro – reddito complessivo) e 120.000 euro;

– la detrazione compete per l’intero importo, indipendentemente dal reddito, per le spese sanitarie e per gli oneri derivanti da mutui (acquisto/costruzione abitazione principale) o prestiti contratti dopo il 31 dicembre 2024.

 

Il comma 13 della Legge di bilancio 2025 prevede l’innalzamento del limite massimo di spesa per la frequenza scolastica. A partire dal 1° gennaio 2025, le spese per la frequenza di scuole dell’infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione sono detraibili al 19% per un importo annuo non superiore a 1.000 euro per alunno o studente. Tale modifica riguarda solo il limite massimo.

Il comma 229 della Legge di bilancio 2025 sostituisce il comma 1-quater dell’articolo 15 del TUIR, stabilendo che dall’imposta lorda si detrae, nella misura forfetaria di euro 1.100, la spesa sostenuta dai non vedenti per il mantenimento dei cani guida. Questa modifica incrementa l’ammontare della detrazione forfetaria da 1.000 euro a 1.100 euro ed elimina il limite di spesa annuo precedentemente previsto (290.000 euro a decorrere dal 2021). Poiché la detrazione è forfetaria, la spesa effettivamente sostenuta non rileva. Per questo motivo, tale spesa non concorre al calcolo del limite massimo degli oneri e delle spese detraibili previsto dall’articolo 16-ter per i contribuenti con reddito superiore a 75.000 euro. Rimane comunque valida l’applicazione delle limitazioni generali basate sul reddito complessivo previste dall’articolo 15, commi 3-bis e 3-ter del TUIR (detrazione intera fino a 120.000 euro di reddito complessivo, ridotta oltre tale soglia).

Dogane: uso prioritario della PEC e le modalità telematiche per l’imposta di bollo

L’Agenzia delle dogane e dei monopoli promuove l’uso della posta elettronica certificata (PEC) per le comunicazioni tra l’Agenzia e gli operatori privati e le associazioni di categoria, in particolare per questioni relative alle accise. L’ADM fornisce, inoltre, indicazioni dettagliate su come presentare istanze in via telematica, comprese quelle soggette all’imposta di bollo, e come quest’ultima possa essere assolta tramite contrassegno telematico (Agenzia delle dogane e dei monopoli, circolare del 26 maggio 2025, n. 11).

Il quadro normativo vigente incentiva l’uso delle comunicazioni telematiche, in particolare la PEC (ora anche domicilio digitale), nei rapporti tra pubbliche amministrazioni e privati.
Le associazioni di categoria e gli operatori sono invitati a sensibilizzare all’uso generalizzato del proprio indirizzo PEC per comunicare con le Strutture dell’ADM.
Questa promozione si fonda su basi giuridiche consolidate, come l’articolo 38 del D.P.R. n. 445/2000 che consente l’invio telematico di istanze e dichiarazioni alle pubbliche amministrazioni.
Secondo l’articolo 65 del D.Lgs. n. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale – CAD), le istanze e dichiarazioni presentate telematicamente sono valide se sottoscritte elettronicamente, o se l’istante è identificato tramite SPID, CIE, CNS o punto di accesso mobile, o se sottoscritte e presentate con copia di documento d’identità, o se trasmesse dal proprio domicilio digitale o servizio di PEC/recapito certificato qualificato.

I documenti trasmessi telematicamente che consentono di accertarne la provenienza soddisfano il requisito della forma scritta e non richiedono la successiva produzione dell’originale. La trasmissione tramite PEC equivale a notificazione a mezzo posta per le comunicazioni che richiedono ricevuta di invio e consegna.

Il CAD (art. 5-bis) prevede che le istanze e dichiarazioni tra imprese e pubbliche amministrazioni avvengano esclusivamente tramite tecnologie della comunicazione, salvo diversa modalità. Il D.P.C.M. 22 luglio 2011 di attuazione stabilisce che, in assenza di diverse previsioni, le comunicazioni telematiche possono avvenire tramite PEC.

 

Specificamente per i prodotti sottoposti ad accisa, l’articolo 19-bis del D.Lgs. n. 504/95 (TUA) impone ai soggetti tenuti al pagamento dell’imposta e a coloro che iniziano attività soggette a licenza/autorizzazione di comunicare preventivamente il proprio indirizzo PEC all’ADM.
Gli operatori sono invitati ad avvalersi prioritariamente della facoltà di presentare denunce, istanze e altre comunicazioni previste dal TUA via PEC, evitando di recarsi fisicamente presso gli Uffici, rendendo più celere l’azione amministrativa e riducendo i tempi interni di gestione delle istanze.

 

Depositi fiscali di prodotti energetici

La trasmissione di comunicazioni, istanze e documenti da parte dell’esercente all’ufficio competente avviene esclusivamente tramite PEC.

 

Trasferimento di prodotti energetici

La comunicazione preventiva dello speditore e la conferma del destinatario per i trasferimenti tra depositi commerciali devono avvenire unicamente attraverso modalità telematiche agli Uffici delle dogane.

Impiego agevolato gasolio

Per la dichiarazione trimestrale di rimborso, gli esercenti sono invitati a utilizzare in via preferenziale il software ADM e presentare la dichiarazione tramite il Servizio Telematico Doganale – E.D.I.20. Coloro che non usano l’E.D.I. possono trasmettere la dichiarazione via PEC, compilata con il software e firmata digitalmente o manualmente (con allegato ID), includendo il file .dic21. In via residuale, è ammessa la presentazione cartacea con supporto informatico.

 

Iscrizione in tariffa di tabacchi e prodotti assimilati

In attesa di specifiche procedure telematiche, le istanze per l’iscrizione in tariffa dei tabacchi lavorati, prodotti solidi da inalazione e altri prodotti soggetti ad imposta di consumo devono essere presentate a mezzo PEC, debitamente sottoscritte con firma digitale dai soggetti legittimati.

 

Procedimenti su concessioni e autorizzazioni (tabacchi e assimilati)

Anche per procedimenti relativi a depositi fiscali, rivendite, patentini, ecc., si applicano le disposizioni generali sull’invio telematico di istanze e dichiarazioni sostitutive, che devono rispettare i format ADM e essere sottoscritte digitalmente o manualmente (con allegato ID).

 

Assolvimento dell’imposta di bollo
Per le istanze trasmesse telematicamente e gli atti/provvedimenti ADM emessi telematicamente soggetti a imposta di bollo, il richiedente può pagare il tributo tramite un intermediario convenzionato con l’Agenzia delle entrate, che rilascia un contrassegno telematico.
Il pagamento si comprova applicando la marca su un’istanza cartacea scansionata e inviata via PEC, oppure riportando il codice identificativo numerico di 14 cifre del contrassegno telematico (con data e ora di emissione) nell’istanza firmata digitalmente.
In caso di istanza firmata digitalmente, l’istante deve trasmettere all’Ufficio competente, oltre alla richiesta, anche una dichiarazione sostitutiva (ex art. 47 D.P.R. n. 445/2000), utilizzando il modello Allegato 1, che riporta gli estremi del pagamento del bollo e indica se si riferisce all’istanza o al provvedimento.
Il richiedente deve annullare il contrassegno utilizzato apponendo la propria firma leggibile parte sul contrassegno e parte sul foglio dell’istanza/dichiarazione e compilare i campi per il giorno e l’ora di emissione sulla dichiarazione. La data del contrassegno deve essere contestuale o antecedente a quella di presentazione dell’istanza.

 

Quando l’Ufficio intende accogliere l’istanza, invita il beneficiario al pagamento del bollo per l’atto finale. L’assolvimento si dimostra usando lo stesso prospetto Allegato 1, ma barrando la casella “provvedimento” e specificandone la tipologia. Il contrassegno per il provvedimento deve avere una data antecedente o contestuale a quella del provvedimento finale.
La dichiarazione sostitutiva sull’assolvimento del bollo deve essere conservata per tre anni (o per il periodo più lungo previsto per l’accertamento) e comunque per il periodo di validità del titolo rilasciato, se superiore.

Nuovo regime impatriati: chiarimenti su periodo estero e irrilevanza del patto di sospensione del lavoro

L’Agenzia delle entrate fornisce chiarimenti relativamente al nuovo regime agevolativo per i lavoratori impatriati e al periodo minimo di residenza all’estero in caso di patto di sospensione del rapporto di  lavoro (Agenzia delle entrate, risposta 27 maggio 2025, n. 142).

L’Istante è un cittadino italiano assunto da Società con contratto a tempo indeterminato, distaccato all’estero in vari periodi presso un’altra Società estera.
Dal 1° gennaio 2023, il suo contratto di lavoro è stato ceduto ad una terza Società, che è subentrata nel rapporto.
Al fine di collaborare professionalmente ancora con la Società estera, l’Istante ha sottoscritto con la propria Società un patto di sospensione del rapporto di lavoro con decorrenza dal 15 gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, successivamente prorogato fino al 31 dicembre 2025. Durante la sospensione, non sono previste corresponsioni, decorrenza di anzianità, né obblighi retributivi, contributivi, assicurativi e previdenziali per la Società 

Il 16 gennaio 2023, l’Istante ha accettato una proposta di contratto di lavoro dalla società Società per svolgere attività all’estero.
L’Istante risulta iscritto all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) dal 19 maggio 2023 ed ha conseguito un titolo di laurea, ritenuto idoneo a integrare i requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.
Avendo intenzione di rientrare a lavorare in Italia per la propria Società e di trasferire la residenza fiscale a partire dal 1° gennaio 2026, impegnandosi a rimanere residente fiscalmente in Italia per i prossimi anni, prestando attività lavorativa in misura prevalente nello Stato, il contribuente chiede se possa applicare il nuovo regime speciale per i lavoratori impatriati e, in particolare, se il patto di sospensione del rapporto di lavoro sia un ostacolo all’accesso al regime agevolato.

Al riguardo, l’Agenzia delle entrate ricorda che il regime si applica ai contribuenti che trasferiscono la residenza in Italia a partire dal periodo d’imposta 2024.
I redditi di lavoro dipendente, assimilati e di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare, fino a un limite annuo di 600.000 euro, a condizione che:

  • i lavoratori si impegnino a risiedere fiscalmente in Italia per un determinato periodo;
  • i lavoratori non siano stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti il trasferimento;
  • il lavoratore presta l’attività in Italia per lo stesso soggetto (o uno dello stesso gruppo) presso il quale era impiegato all’estero prima del trasferimento, il requisito minimo di permanenza all’estero aumenta a sei periodi d’imposta (se non impiegato in Italia prima dallo stesso soggetto/gruppo) o sette periodi d’imposta (se impiegato in Italia prima dallo stesso soggetto/gruppo);
  • l’attività lavorativa sia prestata per la maggior parte del periodo d’imposta in Italia;
  • i lavoratori siano in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.

L’agenzia chiarisce che appartengono allo stesso gruppo i soggetti tra i quali sussiste un rapporto di controllo diretto o indiretto o che sono sottoposti a controllo comune, secondo l’articolo 2359, comma 1, numero 1) del codice civile. Per determinare il periodo minimo di residenza all’estero (tre, sei o sette anni), occorre valutare se al rientro in Italia il contribuente continuerà a lavorare per lo stesso datore di lavoro (o società del medesimo gruppo) per il quale ha lavorato all’estero nel periodo d’imposta precedente o fino alla data del trasferimento in Italia.

L’Agenzia sottolinea che la verifica della sussistenza di un rapporto di controllo (appartenenza al gruppo) e la sussistenza dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione sono valutazioni di fatto che non possono essere oggetto di istanza di interpello. Questo in linea con la circolare n. 9/E/2016. Anche la verifica della residenza fiscale effettiva riguarda elementi di fatto e non può essere oggetto di interpello.

 

Nel caso specifico dell’Istante, l’Agenzia prende atto della sua affermazione che rientrerà in Italia per un datore di lavoro diverso da quello estero precedente e da quello italiano iniziale. Prende anche atto che il gruppo della terza Società ha una partecipazione di minoranza nella seconda ma non esercita il controllo.

 

Pertanto, l’Agenzia conclude che, in linea con i chiarimenti, l’Istante potrà applicare il regime impatriati se è stato residente all’estero per almeno tre periodi d’imposta se non c’è coincidenza tra il datore di lavoro (medesima società o altra società riconducibile al medesimo gruppo come definito ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, n. 1) e 2), del codice civile) per il quale il lavoratore è stato impiegato all’estero nel periodo d’imposta precedente il rientro in Italia e quello presso il quale lavorerà dopo il trasferimento in Italia; qualora, invece, vi sia coincidenza, il periodo minimo di pregressa permanenza all’estero da tre, aumenta a sei o sette anni, a seconda che continui a lavorare per lo stesso datore di lavoro per il quale ha lavorato all’estero e se questo coincide con il datore di lavoro presso il quale ha lavorato durante il periodo d’imposta precedente il trasferimento all’estero o, comunque, fino alla data in cui avviene tale trasferimento.

 

La circostanza che l’Istante abbia sottoscritto un patto di sospensione del rapporto di lavoro con il datore di lavoro italiano al fine di sviluppare una collaborazione professionale con la società estera non assume rilievo ai fini dell’applicazione del regime, in assenza di ulteriori condizioni poste dalla norma.

Testo Unico delle imposte indirette: il CdM approva, in esame preliminare, il decreto legislativo

È stata resa nota l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri di un decreto legislativo, in esame preliminare, che introduce il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di imposta di registro e di altri tributi indiretti (Presidenza del Consiglio dei ministri, comunicato 26 maggio 2025, n. 129).

Questo provvedimento si inserisce in un contesto di razionalizzazione e semplificazione del sistema fiscale, in attuazione della Legge delega 9 agosto 2023, n. 111, che ha come obiettivo principale quello di rendere più efficiente la normativa tributaria, riducendo la frammentazione e l’eterogeneità delle disposizioni attualmente vigenti.

 

Il Testo unico ha l’obiettivo di raccogliere in modo sistematico le norme vigenti riguardanti l’imposta di registro e altre tipologie di tributi indiretti, abrogando i numerosi provvedimenti attualmente in vigore che disciplinano tali materie.

 

Le disposizioni incluse nel nuovo Testo unico coprono vari ambiti, tra cui:

  • imposta di registro;

  • imposta ipotecaria e catastale;
  • imposta sulle successioni e donazioni;
  • imposta di bollo;
  • imposta di bollo per attività finanziarie oggetto di emersione;
  • imposta sul valore delle attività finanziarie estere;
  • imposte sostitutive e agevolazioni attinenti all’imposta di registro e agli altri tributi indiretti diversi dall’IVA.

L’introduzione del Testo unico, dunque, faciliterà l’interpretazione e l’applicazione delle norme, riducendo il rischio di ambiguità. 

Concordato Preventivo Biennale: metodologia di proposta, effetti, affidabilità

Il Decreto 28 aprile 2025 del Ministero dell’economia e delle finanze, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.117/2025, stabilisce la metodologia per la determinazione del concordato preventivo biennale, la disciplina degli effetti dello stesso e definisce le disposizioni attuative e i parametri economici da considerare per l’adesione al concordato.

In applicazione dell’articolo 9, comma 1, del D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13, il MEF approva la metodologia in base alla quale l’Agenzia delle entrate formula ai contribuenti di minori dimensioni, che svolgono attività nel territorio dello Stato e che sono titolari di reddito di impresa ovvero di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni, una proposta di concordato. La predetta metodologia, predisposta con riferimento a specifiche attività economiche, tiene conto degli andamenti economici e dei mercati, delle redditività individuali e settoriali desumibili dagli ISA e delle risultanze della loro applicazione, nonché degli specifici limiti imposti dalla normativa in materia di tutela dei dati personali, ed è individuata nelle note tecniche e metodologiche di cui all’allegato 1 del Decreto per l’elaborazione della proposta di concordato per i contribuenti che, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024, hanno applicato gli ISA.

 

Sulla base della metodologia approvata, ai fini della proposta di concordato, sono individuati:

  • il reddito di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni, rilevante ai fini delle imposte sui redditi;
  • il reddito d’impresa, rilevante ai fini delle imposte sui redditi;
  • il valore della produzione netta, rilevante ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive.

I redditi e il valore della produzione netta determinati con la metodologia approvata rilevano ai fini della proposta di concordato per i periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e al 31 dicembre 2026

 

L’articolo 4 del Decreto MEF disciplina la cessazione degli effetti del concordato. In particolare, in base a quanto previsto all’articolo 19, comma 2, del medesimo D.Lgs. n. 13/2024, fermo restando quanto previsto agli articoli 21 e 22, il concordato cessa di produrre effetti a partire dal periodo di imposta in cui si realizzano minori redditi effettivi o minori valori della produzione netta effettivi, eccedenti la misura percentuale prevista dal richiamato articolo 19, comma 2, rispetto a quelli oggetto del concordato stesso, in presenza delle circostanze eccezionali individuate all’articolo 4 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 14 giugno 2024.

 

L’articolo 5, inoltre, disciplina l’adeguamento della proposta di concordato relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025. L’Agenzia delle entrate deve tenere conto di possibili eventi straordinari comunicati dal contribuente per determinare in modo puntuale la proposta di concordato. 

A tal fine, i redditi e il valore della produzione netta, individuati con la metodologia approvata, relativi al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, sono ridotti:

in misura pari al 10%, in presenza di eventi straordinari che hanno comportato la sospensione dell’attività economica per un periodo compreso tra trenta e sessanta giorni;

in misura pari al 20%, in presenza di eventi straordinari che hanno comportato la sospensione dell’attività economica per un periodo superiore a sessanta giorni e fino a centoventi giorni;

in misura pari al 30%, in presenza di eventi straordinari che hanno comportato la sospensione dell’attività economica per un periodo superiore a centoventi giorni.

 

Infine, l’articolo 7 tratta le misure per il graduale raggiungimento di un corrispondente livello di affidabilità.

Secondo il primo comma, la proposta per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2025 relativa ai redditi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b), deve tenere conto di quelli dichiarati per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024 e, nella misura del 50%, del maggiore reddito individuato con la predetta metodologia.

In base al secondo comma, la proposta per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2025 relativa al valore della produzione netta deve tenere conto di quanto dichiarato per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024 e dell’importo individuato con la stessa metodologia.

Cessione di fotografie artistiche: IVA agevolata solo per autori, eredi e legatari

L’Agenzia delle entrate è intervenuta a chiare l’aliquota IVA applicabile alla cessione di fotografie considerate “oggetti d’arte” da parte di soggetti diversi dagli autori, eredi o legatari (Agenzia delle entrate, risposta 22 maggio 2025, n. 140).

Il quesito è posto da una Società operante nel settore della realizzazione e vendita di opere d’arte, inclusi dipinti, disegni, illustrazioni e fotografie d’arte in negozi e gallerie in Italia.

 

Il parere dell’Agenzia delle entrate si basa sul presupposto che le fotografie in questione abbiano effettivamente le caratteristiche per essere considerate opere e oggetti d’arte.

 

Al riguardo L’Agenzia cita il n. 127-septiesdecies della Tabella A, Parte III, allegata al Decreto IVA, che prevede l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta del 10% alle cessioni di “oggetti d’arte”. La norma specifica che tale aliquota ridotta si applica, tra gli altri, agli oggetti d’arte ceduti “dagli autori, dai loro eredi o legatari”.

 

La definizione di “oggetti d’arte” richiamata dal D.L. n. 41/1995, lettera a), include le “fotografie eseguite dall’artista, tirate da lui stesso o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti di trenta esemplari, di qualsiasi formato e supporto”.
Questa definizione è coerente con quanto previsto dalla Direttiva IVA (Direttiva 2006/112/CE), Allegato IX, parte A, punto 7).

La Corte di Giustizia (sentenza C-145/18, citata anche dall’Istante) ha confermato che per essere considerate oggetti d’arte ammissibili all’aliquota ridotta, le fotografie devono rispettare i criteri oggettivi di essere eseguite dall’autore, tirate da lui o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti di trenta esemplari, ad esclusione di qualsiasi altro criterio come la valutazione del loro carattere artistico da parte dell’amministrazione.

 

Tuttavia, l’Agenzia sottolinea che la normativa vigente (n. 127-septiesdecies) limita l’applicazione dell’aliquota ridotta alle cessioni effettuate esclusivamente dagli autori, dai loro eredi o legatari, osservando che la possibilità per gli Stati Membri di applicare un’aliquota ridotta alle cessioni di oggetti d’arte in altri casi (come quelle effettuate da soggetti diversi dall’autore, ma che li abbiano importati o ricevuti dall’autore) era prevista dall’articolo 103 della Direttiva IVA, ma tale articolo è stato abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2025 dalla nuova Direttiva UE 2022/542.

 

Allo stato attuale, dunque, per l’articolo 98 della Direttiva IVA gli Stati Membri possono applicare un’aliquota IVA ridotta non inferiore al 5% «…unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi elencate nell’allegato III», che al numero 26) contempla le «cessioni di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato elencati nell’allegato IX, parti A, B e C». Il citato allegato IX, nella parte A, riporta al numero 7) le «fotografie eseguite dall’artista, tirate da lui stesso o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti di trenta esemplari, di qualsiasi formato e supporto». Nello stesso tempo l’articolo 311, paragrafo 2, della Direttiva IVA consente agli Stati Membri di «non considerare «oggetti d’arte» gli oggetti indicati nell’allegato IX, parte A, punti 5), 6) e 7)».

 

L’Agenzia menziona anche la Legge n. 111/2023 che, all’articolo 7, nel fissare i “Principi e criteri direttivi per la revisione dell’imposta sul valore aggiunto” delega, tra l’altro, il Governo entro 24 mesi a «e) ridurre l’aliquota dell’IVA all’importazione di opere d’arte, recependo la direttiva (UE) 2022/542 del Consiglio, del 5 aprile 2022, ed estendendo l’aliquota ridotta anche alle cessioni di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione». Tuttavia, tale disposizione a oggi non risulta attuata.

 

Pertanto, in attesa dell’attuazione della legge delega, l’Agenzia conclude che l’aliquota IVA ridotta del 10% non può essere riconosciuta alla Società istante, poiché la normativa attuale (n. 127-septiesdecies), in conformità con gli articoli 98 e 311 della Direttiva IVA, limita l’applicazione dell’aliquota ridotta alle cessioni effettuate “dagli autori, dai loro eredi o legatari”. Visto che, nel caso di specie, la cessione è effettuata dalla Società (il datore di lavoro dell’artista), non si rientra nel perimetro di questa condizione, e pertanto si applica l’aliquota IVA ordinaria.

Trattamento IVA della codatorialità in un contratto di rete tra imprese

L’Agenzia delle entrate è intervenuta a chiarire il trattamento IVA della codatorialità in un contratto di rete (Agenzia delle entrate, risposta 19 maggio 2025, n. 136).

La società istante rappresenta di essere un contratto di rete, dotato di soggettività giuridica. La ”rete” è una tipologia di associazionismo imprenditoriale, su base contrattuale, che permette alle singole imprese aderenti (cosiddette retiste) di collaborare tra loro.
Tra gli obiettivi principali della rete figura l’ottimizzazione dell’impiego delle risorse umane al fine di raggiungere livelli superiori di efficienza produttiva, organizzativa e qualitativa.
In questo contesto, e a seguito di una sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue sul trattamento IVA del distacco di personale e della successiva introduzione dell’articolo 16-ter del D.L. n. 131/ 2024, la Società chiede quale sia il trattamento IVA della codatorialità, prevista dall’articolo 30, comma 4-­ter del D.Lgs. n. 276/2003, quale istituto alternativo al distacco di personale.

L’Agenzia premette che nel nostro ordinamento non esiste una definizione di codatorialità. Questa lacuna è stata colmata dalla Corte di Cassazione, che ha definito la codatorialità come una situazione di fatto che si crea all’interno dei gruppi societari, dove un dipendente lavora per più imprese (datori di lavoro). Gli elementi caratterizzanti individuati dalla Cassazione includono l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione economica complessiva del datore formale e la condivisione della prestazione per soddisfare un interesse di gruppo da parte delle diverse società, che esercitano i poteri datoriali diventando datori sostanziali. In sintesi, per la Suprema Corte, a fronte dell’unicità del rapporto, il lavoratore presta servizio indifferentemente e contemporaneamente per due o più datori, e la sua opera non può essere distinta tra l’interesse di uno o dell’altro, con la conseguenza che entrambi i fruitori sono solidalmente responsabili delle obbligazioni derivanti dal rapporto. Questa è definita codatorialità atipica, di elaborazione giurisprudenziale, riscontrabile nei gruppi di imprese.
A questa si contrappone la codatorialità tipica, prevista dal legislatore specificamente per le reti di imprese dall’articolo 30, comma 4-ter, D.Lgs. n. 276/2003, una norma speciale che ammette la codatorialità nelle reti d’impresa a condizioni che non includono gli elementi costitutivi individuati dalla Cassazione per i gruppi societari.
L’Agenzia evidenzia la differenza tra gruppi societari e reti d’impresa: nei gruppi, l’interdipendenza si realizza tramite attività di direzione e coordinamento (ex articolo 2497 c.c.), mentre nelle reti d’impresa si realizza tramite l’attuazione del programma comune di rete, che presuppone un obiettivo condiviso tra le associate. Il contratto di rete ha lo scopo di accrescere la capacità innovativa e la competitività individuale e collettiva degli imprenditori, attraverso la collaborazione, lo scambio di informazioni/prestazioni o l’esercizio comune di attività. Può prevedere un fondo patrimoniale comune e un organo comune per la gestione.
La condizione per l’utilizzo della codatorialità nelle reti d’impresa, secondo il comma 4-ter, è la previsione nel contratto di rete delle regole di ingaggio dei dipendenti, elemento non presente nei requisiti della codatorialità atipica giurisprudenziale.

 

L’Agenzia chiarisce che il comma 4-ter consente alle reti di utilizzare sia il distacco di personale che la codatorialità. Sebbene entrambi siano strumenti per realizzare il programma di rete, sono istituti differenti con effetti diversi.
Nel distacco, il datore di lavoro mette temporaneamente lavoratori a disposizione di un altro soggetto per soddisfare un proprio interesse, rimanendo responsabile del trattamento economico e normativo. Il rapporto è bilaterale tra impresa distaccante (che resta datore) e impresa distaccataria.
La codatorialità implica il potenziale coinvolgimento di tutte le imprese della rete come datori di lavoro per soddisfare un interesse della rete (il programma comune). È un assetto stabile, e non è caratterizzato dalla bilateralità del rapporto datore-dipendente, potendo il dipendente avere più datori.

 

Anche se spesso sono individuate una o due imprese referenti per gli obblighi comunicativi, previdenziali e assicurativi, nella codatorialità:

  • tutte le imprese retiste possono essere datori di lavoro dei dipendenti che hanno accettato le regole di ingaggio e hanno l’obbligo di lavorare per tutti i co-datori;
  • tutti i co-datori sono responsabili in solido per gli obblighi retributivi, previdenziali e assicurativi, con facoltà di regresso nei confronti degli altri per la quota di costo anticipata.

Intesa in questi termini, la codatorialità non presenta gli elementi che hanno portato la Corte di Giustizia UE a considerare il distacco di personale rilevante ai fini IVA nella sentenza C-94/2019. In particolare, non è rinvenibile il requisito della sinallagmaticità.
Secondo i giudici europei, il distacco rileva ai fini IVA se c’è un nesso diretto tra le prestazioni, per cui “le due prestazioni si condizionano reciprocamente”. Il pagamento da parte dell’impresa distaccataria costituisce la controprestazione per il distacco. L’importo del corrispettivo è irrilevante.
Nella codatorialità non esiste un simile nesso sinallagmatico. Le imprese che accettano le regole di ingaggio nel contratto di rete assumono ciascuna il ruolo di datore di lavoro, direttamente responsabile per la quota di competenza del pagamento dello stipendio. Pertanto, si parla di rimborso solo in termini di restituzione di quanto solidalmente anticipato al dipendente dall’impresa referente. Tale rimborso serve essenzialmente a imputare a ciascuna impresa retista il costo del personale in proporzione all’effettivo contributo ricevuto dal lavoratore.

In linea con quanto chiarito nella circolare n. 5/E/2025, si tratta quindi di una mera movimentazione di denaro, non soggetta a IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a), del D.P.R. n. 633/1972.

Programma “FinTech Factory MEF”

Il MEF presenta l’iniziativa “Fintech Factory MEF”, un programma volto a sostenere le imprese innovative che sviluppano tecnologie emergenti e soluzioni innovative, con particolare attenzione alle applicazioni nel contesto del Ministero dell’economia e delle finanze e nelle amministrazioni economico-finanziarie (Ministero dell’economia e delle finanze, comunicato 15 maggio 2025).

Il programma, finanziato dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, prevede un investimento di 2.085.000 euro destinato ai primi due avvisi pubblici, rivolti a startup, spin-off, PMI e iniziative di imprenditoria femminile.

 

Le imprese selezionate che si candideranno entro il 20 giugno 2025 avranno l’opportunità di partecipare proponendo soluzioni che utilizzino tecnologie basate sull’intelligenza artificiale, sull’analisi dei dati e presentino elementi di innovazione in ambito economico-finanziario e di cybersicurezza. Tali soluzioni potranno consentire, tra le altre cose, di valutare strategie, svolgere analisi previsionali su dati e informazioni su larga scala; estrarre, elaborare, standardizzare dati non strutturati; ottimizzare i flussi di lavoro documentali attraverso l’analisi e la gestione del ciclo di vita di documenti; favorire l’educazione finanziaria; prevenire rischi e minacce digitali, frodi, furti di identità, rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo.

 

Il programma “Fintech Factory MEF” si propone di raggiungere due obiettivi strategici principali:

  • affiancare l’imprenditorialità innovativa, nella dimostrazione del potenziale di soluzioni e tecnologie nel settore pubblico, attraverso percorsi che consentano di verificarne performance, eventuali vantaggi ed economie nei contesti di impiego;
  • contaminare l’Amministrazione pubblica con l’ecosistema dell’innovazione, favorendo lo sviluppo di competenze trasversali, il co-sviluppo di nuove soluzioni fino alla potenziale adozione nei sistemi delle Amministrazioni.

Cosa offe:

– percorsi di validazione delle tecnologie e soluzioni proposte dalle aziende innovative, attraverso il reale confronto con le esigenze di business del Dipartimento del Tesoro, all’interno di laboratori virtuali di innovazione;

contributi a fondo perduto per le attività di validazione di tecnologie e soluzioni e per lo sviluppo dei progetti imprenditoriali;

– cicli di sessioni seminariali attraverso cui approfondire le tematiche relative alla messa a punto e allo sviluppo del progetto imprenditoriale (riservati alle startup a conduzione femminile).

Regolarizzazione crediti ricerca sviluppo indebiti: riapertura termini e modalità riversamento

L’Agenzia delle entrate ha stabilito le modalità per la regolarizzazione spontanea di crediti d’imposta per attività di ricerca e sviluppo utilizzati impropriamente, Descrivendo i soggetti ammessi alla procedura, i casi di esclusione e le condotte fraudolente che impediscono l’accesso. Viene inoltre approvato un nuovo modello per la richiesta di accesso alla procedura, specificando le modalità di presentazione e il termine ultimo per inviarlo (Agenzia delle entrate, provvedimento 19 maggio 2025, n. 224105).

La procedura di riversamento spontaneo dei crediti di imposta per attività di ricerca e sviluppo si basa sull’articolo 5, commi da 7 a 12, del D.L. n. 146/2021, con le modifiche apportate dalla L. n. 215/2021, e ulteriormente modificate dal D.L. n. 25/2025.

Tale procedura consente di regolarizzare gli indebiti utilizzi in compensazione del suddetto credito di imposta, senza l’irrogazione delle sanzioni e interessi, ed è riservata ai soggetti che hanno maturato il credito in uno o più periodi di imposta a decorrere da quello successivo al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019.

Il credito deve essere stato utilizzato indebitamente in compensazione alla data del 22 ottobre 2021, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 146/2021.

 

I soggetti che possono accedere alla procedura devono trovarsi in almeno una delle seguenti condizioni:

– hanno svolto attività che, in tutto o in parte, non sono qualificabili come attività di ricerca o sviluppo ammissibili;

– hanno applicato il comma 1-bis dell’articolo 3 del D.L. n. 145/2013 in maniera non conforme all’interpretazione autentica fornita dall’articolo 1, comma 72, della L. n. 145/2018;

– hanno commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili, violando i principi di pertinenza e congruità;

– hanno commesso errori nella determinazione della media storica di riferimento.

La procedura non può essere utilizzata se l’indebito utilizzo è già stato accertato con un atto di recupero crediti o altri provvedimenti impositivi divenuti definitivi alla data del 22 ottobre 2021. La regolarizzazione è esclusa in ogni caso se il credito d’imposta utilizzato è il risultato di:

  • condotte fraudolente;
  • fattispecie oggettivamente o soggettivamente simulate;
  • false rappresentazioni della realtà basate su documenti falsi o fatture per operazioni inesistenti;
  • mancanza di documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili.

Al riguardo, l’Agenzia ha approvato un modello specifico per la richiesta di accesso alla procedura, che si chiama “Richiesta di accesso alla procedura di riversamento del credito di imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo”.

La trasmissione telematica può essere effettuata direttamente dai contribuenti abilitati a Entratel o Fisconline o tramite i soggetti incaricati (intermediari).

 

Le istanze presentate fino al 31 ottobre 2024 sono valide in base alle disposizioni allora vigenti.

 

Il modello deve essere presentato all’Agenzia delle entrate entro il 3 giugno 2025.
L’Agenzia attesta l’avvenuta trasmissione telematica con una ricevuta elettronica. Se inviata via PEC, la ricevuta di consegna PEC attesta la trasmissione.

L’importo da riversare deve essere pagato entro il 3 giugno 2025, in unica soluzione o in tre rate di pari importo. Le scadenze delle rate sono: 3 giugno 2025, 16 dicembre 2025, e 16 dicembre 2026.
Non è possibile utilizzare la compensazione di cui all’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997 per effettuare i versamenti.
La procedura non prevede la restituzione di eventuali somme eccedenti già versate.
Se l’atto/provvedimento impositivo relativo alla richiesta è divenuto definitivo tra il 22 ottobre 2021 e la data di presentazione dell’istanza, il riversamento deve essere effettuato per l’intero importo entro il 3 giugno 2025 in unica soluzione.

Il versamento si effettua tramite modello F24, usando codici tributo approvati con risoluzione n. 34/2022.

 

I soggetti che avevano aderito alla procedura precedente (terminata il 31 ottobre 2024) e optato per la rateale, avendo versato la prima rata entro il 16 dicembre 2024, devono effettuare i successivi versamenti entro il 16 dicembre 2025 e 16 dicembre 2026, con interessi dal 4 giugno 2025.
I soggetti che avevano aderito alla procedura precedente ma non hanno effettuato il versamento unico o la prima rata entro il 16 dicembre 2024, potranno effettuare il riversamento secondo l’opzione scelta e le scadenze previste dal provvedimento.

 

In caso di perfezionamento, è esclusa la punibilità per il delitto di indebita compensazione (articolo 10-quater del D.Lgs. n. 74/2000).

Novità IRPEF 2025, lavoro dipendente, detrazioni, welfare: le istruzioni dell’Agenzia delle entrate

La circolare del 16 maggio 205, n. 4/E, dell’Agenzia delle entrate illustra le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 192/2024 e dalla Legge  di bilancio 2025 in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e tassazione dei redditi di lavoro dipendente

Misure concernenti l’IRPEF

La Legge di bilancio 2025 stabilizza, a regime, la riduzione da quattro a tre degli scaglioni IRPEF e le relative aliquote, già introdotta temporaneamente per il 2024.
Le aliquote per scaglioni di reddito sono le seguenti:

– 23% fino a 28.000 euro;

– 35% oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro;

– 43% oltre 50.000 euro.

 

Viene stabilizzato l’innalzamento della detrazione da lavoro dipendente e assimilato.

La detrazione per i titolari di redditi di lavoro dipendente con reddito complessivo non superiore a 15.000 euro è aumentata da 1.880 euro a 1.955 euro.

Tale modifica comporta l’ampliamento della “no tax area” fino a 8.500 euro per i titolari di redditi di lavoro dipendente e di alcuni redditi assimilati. I redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente includono, tra gli altri, i compensi dei soci di cooperative, indennità e compensi da terzi per incarichi legati al lavoro dipendente, borse di studio (se non legate a rapporti di lavoro dipendente), compensi per uffici/collaborazioni senza vincolo di subordinazione ma continuativi, e compensi per lavori socialmente utili.

Ai fini della determinazione dell’ammontare delle detrazioni, il reddito complessivo è assunto al netto del reddito dell’abitazione principale e pertinenze. Nel calcolo del “reddito di riferimento” per le agevolazioni fiscali, si tiene conto anche dei redditi soggetti a cedolare secca, regime forfetario, quota ACE, e mance tassate con imposta sostitutiva. Per i soggetti che aderiscono al concordato preventivo biennale, il reddito effettivo è considerato per la spettanza di deduzioni, detrazioni o benefici.
Viene stabilizzato il meccanismo correttivo per il riconoscimento del trattamento integrativo per i contribuenti con reddito complessivo non superiore a 15.000 euro. Il citato trattamento può esse riconosciuto se l’imposta lorda (determinata su redditi di lavoro dipendente e assimilati specificati) è superiore alla detrazione spettante ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del TUIR, diminuita dell’importo di 75 euro rapportato al periodo di lavoro nell’anno. Questa riduzione mira a neutralizzare l’incremento della detrazione per non escludere alcuni soggetti dal beneficio.

Disposizioni in favore dei titolari di reddito di lavoro dipendente

La Legge di bilancio 2025 introduce, nell’ambito delle misure di sostegno al reddito, una serie di disposizioni di favore per i lavoratori dipendenti (esclusi i pensionati) ai commi 4 e seguenti. In particolare, ai titolari di redditi di lavoro dipendente il cui reddito complessivo non superi i 20.000 euro è riconosciuta una somma che non concorre alla formazione del reddito complessivo. L’ammontare di tale somma è determinato applicando al reddito di lavoro dipendente una percentuale che varia in base all’importo del reddito di lavoro dipendente. Nello specifico, ove il reddito di lavoro dipendente:
− non sia superiore a 8.500 euro, la percentuale da applicare è il 7,1%;
− sia superiore a 8.500 euro ma non a 15.000 euro, la percentuale da applicare è il 5,3%;
− sia superiore a 15.000 euro, la percentuale da applicare è il 4,8%. 

 

Ai titolari di redditi di lavoro dipendente (escluse le pensioni) il cui reddito complessivo sia superiore a 20.000 euro ma non oltre i 40.000 euro è riconosciuta una ulteriore detrazione pari a 1.000 euro per i redditi superiori a 20.000 euro e fino a 32.000 euro e che decresce progressivamente per i redditi superiori a 32.000 euro, fino ad azzerarsi raggiunta la soglia dei 40.000 euro.

I sostituti d’imposta riconoscono automaticamente la somma e l’ulteriore detrazione, senza richiesta del lavoratore. L’attribuzione avviene sulle retribuzioni erogate, anche comprensive di quote arretrate. Il sostituto verifica la spettanza in base al reddito previsionale annuale e ai dati comunicati dal lavoratore.

In sede di conguaglio, i sostituti verificano la spettanza e recuperano gli importi non dovuti. Se l’importo da recuperare è superiore a 60 euro, il recupero avviene in 10 rate di pari ammontare a partire dalla prima retribuzione utile post-conguaglio.

In caso di cessazione del rapporto, il recupero è in un’unica soluzione. Se il sostituto non può recuperare (per incapienza o cessazione), il lavoratore deve restituire l’importo nella dichiarazione dei redditi. Il credito maturato dal sostituto per l’erogazione della somma non imponibile viene compensato tramite F24.

 

Modifiche alle detrazioni per familiari a carico

Il comma 11 della Legge di bilancio 2025 apporta alcune modifiche all’articolo 12 del TUIR, in materia di detrazione per carichi di famiglia.

La detrazione per i figli a carico di età pari o superiore a 21 anni è ora limitata a quelli di età inferiore ai 30 anni, a meno che non siano disabili. Viene esteso il riconoscimento della detrazione anche ai figli affiliati e ai figli conviventi del coniuge deceduto. Per il genitore superstite che non convive con il figlio del coniuge deceduto, la detrazione maggiore prevista per il primo figlio in assenza dell’altro genitore non si applica.
La detrazione per gli altri familiari a carico è ora limitata ai soli ascendenti conviventi con il contribuente.
Le modifiche all’articolo 12 del TUIR relative ai familiari a carico hanno effetto anche sulle altre disposizioni che rinviano a tali soggetti, limitando la possibilità di fruire di detrazioni e deduzioni per oneri/spese sostenuti nell’interesse di familiari diversi dal coniuge non separato e dagli ascendenti conviventi fiscalmente a carico
Le misure di welfare aziendale di cui all’articolo 51 del TUIR, che prevedono esclusione dal reddito di lavoro dipendente, si intendono riferite ai familiari indicati nell’articolo 12 del TUIR nella nuova formulazione. Sono pertanto escluse solo le misure in favore di coniuge non separato, ciascun figlio (indipendentemente dall’età ai fini welfare/deduzioni oneri per effetto dell’articolo 12 comma 4-ter, purché fiscalmente a carico dove richiesto) e ascendenti.
Le detrazioni per familiari a carico non spettano ai contribuenti che non sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo, in relazione ai loro familiari residenti all’estero. 

 

Adeguamento della disciplina delle addizionali regionale e comunale
È stato adeguato il termine per le Regioni e Province autonome per modificare scaglioni e aliquote dell’addizionale regionale per il 2025 al 15 aprile 2025 per garantirne la coerenza con la nuova articolazione degli scaglioni e delle aliquote dell’IRPEF prevista dalla Legge di bilancio 2025. 

Non imponibilità contributi rischio non autosufficienza
L’articolo 3, comma 1, lettera b), numero 1.2), del decreto legislativo 13 dicembre 2024, n. 192 ha apportato modifiche all’articolo 51, comma 2, lettera f-quater), del TUIR, secondo cui non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di Dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana. Nello specifico, la disposizione ha previsto una modifica dell’attuale regime di non concorrenza, sotto il profilo soggettivo, estendendolo ai
familiari indicati all’articolo 12 del TUIR, che si trovino nelle condizioni previste al comma 2 del medesimo articolo 12, vale a dire i familiari fiscalmente a carico.

 

Criteri di determinazione valore beni/servizi del datore di lavoro
È stato modificato il criterio per determinare il valore dei beni e servizi prodotti o scambiati dal datore di lavoro e ceduti ai dipendenti. Il valore è ora determinato in base al prezzo mediamente praticato nel medesimo stadio di commercializzazione in cui avviene la cessione al lavoratore o, in mancanza, in base al costo sostenuto dal datore di lavoro86. Resta fermo il limite generale di non imponibilità di 258,23 euro per il valore complessivo di beni e servizi.

Compensi straordinari comparto sanitario
Il comma 354 della Legge di bilancio 2025 prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali comunali e regionali con aliquota agevolata pari al 5% sui compensi per il lavoro straordinario, di cui all’articolo 47 del CCNL Comparto Sanità relativo al triennio 2019-2021, prestato dagli infermieri dipendenti delle aziende e degli enti del SSN.

 

Premi di produttività
L’aliquota dell’imposta sostitutiva dell’IRPEF su premi di risultato e partecipazione agli utili (disciplinata dall’articolo 1, cc. 182-188, L. n. 208/2015) è ridotta dal 10% al 5% anche per gli anni d’imposta 2025, 2026 e 2027. Tale riduzione si applica fino a un importo di 3.000 euro lordi per dipendenti del settore privato.

 

Misure fiscali per il welfare aziendale
Viene introdotto un regime temporaneo (per i primi due anni dalla data di assunzione) di non concorrenza al reddito, fino a un limite complessivo di 5.000 euro annui, per le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento dei canoni di locazione e delle spese di manutenzione dei fabbricati locati da dipendenti assunti a tempo indeterminato nel 2025. Questo beneficio spetta ai dipendenti con reddito di lavoro dipendente nel 2024 non superiore a 35.000 euro, che abbiano trasferito la residenza nel comune di lavoro, se questo dista più di cento chilometri dal comune di precedente residenza. Il beneficio è cumulabile con altre agevolazioni fiscali sul canone di locazione solo per la parte eccedente il rimborso del datore di lavoro. L’importo rimborsato concorre alla determinazione del reddito per la parte eccedente i 5.000 euro annui. Il lavoratore deve autocertificare la residenza e il trasferimento deve avvenire entro il termine del conguaglio o cessazione rapporto. Inoltre, il lavoratore deve dichiarare che le spese non sono state rimborsate da altri datori di lavoro.

 

Per i periodi d’imposta 2025, 2026 e 2027, i limiti di non concorrenza al reddito dei fringe benefits (valore dei beni ceduti e servizi prestati) sono innalzati: a 1.000 euro in generale e a 2.000 euro per i dipendenti con figli a carico. La condizione per il limite di 2.000 euro si verifica se i figli sono fiscalmente a carico secondo l’articolo 12 comma 2 TUIR, anche se non rientrano nei nuovi limiti di età per la detrazione. L’agevolazione di 2.000 euro spetta per intero a ciascun genitore se il figlio è fiscalmente a carico di entrambi115. Se il limite di 1.000 o 2.000 euro è superato, l’intero ammontare concorre a formare il reddito. Il datore di lavoro applica l’aumento a 2.000 euro previa dichiarazione del lavoratore che attesti di averne diritto e indichi il codice fiscale dei figli.

Detassazione lavoro notturno/straordinario settore turistico-alberghiero
Per il personale dipendente del settore privato impiegato in strutture turistico-alberghiere, ricettive e termali e della somministrazione di alimenti e bevande, con reddito di lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro nel 2024, è riconosciuto un trattamento integrativo speciale non imponibile pari al 15% delle retribuzioni lorde per il lavoro notturno e straordinario svolto nei giorni festivi. Il beneficio si applica alle prestazioni rese nel periodo dal 1° gennaio 2025 al 30 settembre 2025. Il sostituto d’imposta riconosce il trattamento su richiesta del lavoratore, che attesta il reddito 2024 e può recuperare l’importo erogato tramite compensazione.

 

Detassazione delle mance settore ricettivo/somministrazione
Vengono apportate modifiche al regime di tassazione sostitutiva sulle mance. L’ammontare massimo delle mance assoggettabili a tassazione sostitutiva sale al 30% del reddito (dal 25%). Il limite di reddito complessivo di lavoro dipendente per accedere al regime nell’anno successivo sale a 75.000 euro (da 50.000 euro).